Roma, 14 giugno 2018. Nuovo episodio di violenza a scuola: un alunno viene bocciato e i genitori prendono a pugni un giovane insegnante, che finisce all’ospedale.

Si tratta dell’ennesima notizia di aggressione nei confronti dei professori con cui si conclude quest’anno scolastico, un anno caratterizzato dal susseguirsi di simili notizie.  Solo per citare alcuni fatti, il primo febbraio 2018 ad Acerra (Napoli), un ragazzo si presenta a scuola con un coltello e, durante la lezione, lo scaglia contro la professoressa, ferendola alla guancia sinistra. Due mesi dopo, in aprile, a Lucca, un alunno bullizza il professore di italiano, lo minaccia e lo insulta affinché gli metta 6 dopo un’interrogazione, alcuni compagni riprendono la scena e postano il video sui social network. Dopo Lucca, a Velletri vengono condivisi in rete atti di prepotenza da parte di studenti nei confronti dei docenti.  Qualche giorno dopo, il 28 aprile 2018 a Pisa, un ragazzo diciassettenne, dopo essere stato ripreso dal docente, reagisce puntandogli contro una pistola giocattolo. I primi di maggio, a Cremona, alcuni studenti lanciano delle monetine addosso al docente, impedendogli di spiegare. E l’elenco potrebbe continuare.

“Il bullismo nei confronti dei docenti è  un  fenomeno che ormai dilaga in tutta Italia e che ben rappresenta la condizione lavorativa in cui ci troviamo ad operare ogni giorno nelle classi”, commenta il prof. Scandura Luciano dell’Associazione MSA (includendosi in prima persona in qualità di docente), “una situazione caratterizzata dalla perdita assoluta di autorevolezza che la nostra categoria un tempo aveva, di un prestigio che è andato via via erodendosi negli ultimi decenni fino ad arrivare al punto in cui siamo oggi”.

Di fronte a questa situazione, alcune domande sorgono spontanee: cos’è accaduto al ruolo dell’insegnante? Come mai il prestigio sociale di cui negli anni 70 e 80 godeva la classe docente ha raggiunto un livello così basso? Ma soprattutto, cosa si può fare per restituire dignità umana e professionale agli insegnanti?

“Assai diffusa l’idea”, sottolinea il responsabile MSA comparto scuola “secondo la quale saremmo dei fannulloni che ricevono lo stipendio lavorando solo 18 o 24 ore la settimana (con tre mesi di vacanza): un mito che va avanti da sempre, quello secondo cui il lavoro del docente si limiti al tempo trascorso in classe. Ma come tutti coloro che operano in questo ambito possono testimoniare, le ore svolte in classe sono solo una minima parte del nostro lavoro, un lavoro che prevede il tempo dedicato alla programmazione, alla preparazione delle lezioni, alle correzioni, alle riunioni con il corpo docente, ai colloqui con le famiglie, oltre che ad una formazione continua, che non si conclude con la carriera universitaria, i master, le specializzazioni, ma che coinvolge il docente durante tutta la sua carriera lavorativa, con continui corsi e aggiornamenti per sviluppare nuovi approcci didattici e pedagogici, al fine di rendere il proprio insegnamento sempre più efficace ed attuale”.

“Occorre quindi sfatare questo mito”, conclude infine il prof. Scandura, “e per farlo è necessario ridare dignità, anche economica, alla classe docente: aumentare lo stipendio  significa accrescerne l’autorevolezza in una società in cui il denaro domina. Non bisogna dimenticare che il fatto che gli insegnanti di ogni ordine e grado in Italia guadagnino poco, sia rispetto ai colleghi europei sia rispetto alle altre categorie di lavoratori, non è solo un problema socio-economico, è un suicidio culturale perché distrugge dalle fondamenta l’istituzione scolastica”.

Il Coordinatore Nazionale settore scuola Prof. Scandura Luciano

Il Responsabile della Comunicazione Prof.ssa Elisa Moliterni